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Alla Stazion: da luogo di passaggio a località di permanenza

Le stazioni sono un luogo di passaggio, un “non-luogo”. Uno spazio ibrido, fluido, che scivola veloce sulle rotaie. Ma se invece di viverle correndo da una stazione all’altra, ci si ferma a pensare ad ognuna delle persone che passa di qui con il proprio bagaglio, il tempo non scivola più ma si fa pesante. E non mi riferisco alle valigie di vestiti e altri effetti personali, ma alla propria storia di desideri, sofferenze, gioie, paure. Riusciamo a capire, così, non solo perché una persona si trova in stazione, ma anche che cosa l’ha portata lì e dove è diretta. 

Le rotaie che ho seguito questa volta esistono solo nei ricordi di molte persone e mi hanno portato fuori dalla Regione del Friuli Venezia Giulia, per raggiungere il vicino di casa Veneto. Nella stazione ferroviaria dove mi sono fermata oggi non passano infatti più treni, ma il ricordo di essi riecheggia nell’aria. Mi trovo ai 832m di Tai di Cadore, in una frazione di Pieve di Cadore, in provincia di Belluno, a circa 30 km da Cortina e a 43 km dal Lago di Sorapis. Fin dal Medioevo, questa zona era rinomata per essere la via naturale più comoda per il traffico civile e militare tra la Val Piave e la Pusteria.

Lungo le rotaie della Ferrovia delle Dolomiti

Sono trascorsi oltre cinquant’anni da quando gli ultimi treni della Ferrovia delle Dolomiti partirono da Cortina d’Ampezzo per non farvi più ritorno. Le elettromotrici, i locomotori, gli elettrotreni, le vetture e i carri merci per tanti anni avevano infaticabilmente sferragliato lungo le valli del Boite e della Rienza. Fu ultimata dagli austriaci nei tormentati anni della Grande Guerra, quando gli eserciti, per le proprie necessità di rifornimento, diedero vita a rudimentali ferrovie da campo. Si ritrovò poi di fatto annessa all’Italia, al concludersi dei conflitti e al nuovo ridefinirsi dei confini. 

La Ferrovia delle Dolomiti diventò presto il più importante mezzo di comunicazione fra Cadore e Pusteria, un punto di riferimento fondamentale, in particolare durante le guerre per le popolazioni che scendevano nella pianura veneta alla ricerca di viveri di prima necessità. Ma da quando terminò di prestare servizio a ragioni belliche, iniziò viaggio dopo viaggio a contribuire allo sviluppo sociale e turistico di questa zona alpina. Viaggiatori, posta e merci di ogni genere sfrecciavano sulle rotaie. Con quel trenino arrivavano personaggi da ogni parte del mondo, rappresentanti della politica, della TV, cantanti in voga al momento, registi, attori, tra questi Sofia Loren e Alberto Sordi. Sono stati girati anche dei film lungo il tratto della ferrovia e presso la stazione di Cortina come il Conte Max, Vacanze d’Inverno e la Pantera rosa per citare i più famosi. Anche se le sue più gloriose giornate furono quelle dei VII Giochi Olimpici invernali del 1956.

Proprio dopo questo indimenticabile servizio, il treno, a vapore prima e a trazione elettrica poi, concluse il suo servizio quarantatré anni dopo il primo viaggio, quasi impotente di fronte al dilagare massiccio della motorizzazione privata, per motivi di carattere politico-economici e in seguito ad un grave incidente mortale a Zuel. Chiusa la tratta Calalzo-Cortina nel 1964, dismessi binari e immobili accessori, i resti furono accantonati, venduti, demoliti, dimenticati.

A rimanere però come una sentinella silenziosa, a testimonianza di questa storia, la stazione di Tai di Cadore. Il sito rimase abbandonato in una situazione di degrado progressivo per diversi decenni, consumandosi gradualmente al suo interno, ma mantenendo con dignità e fierezza le mura della struttura.

La stazione di Tai di Cadore

Dopo più di 50 anni d’oblio, Federico Fabris, architetto di professione, viene attratto dalla struttura, e decide di ristrutturarlo, progettando con l’affetto di chi aveva nel cuore quell’edificio e quello che continua a rappresentare. Nell’estate del 2019 nasce “Alla Stazion-  Locanda delle Dolomiti”, un progetto che vuole regalare nuova vita e destinazione ad un edificio legato al territorio di cui vuol far vivere la storia, goderne le ricchezze presenti e offrire un’accoglienza al passo con i tempi. Oltre allo stabile principale è stato sistemato anche quello più piccolo adiacente: un tempo erano i servizi, ora è invece un chiosco bar molto amato per le consumazioni veloci all’aria aperta. Ecco quindi che dopo esser stata dimenticata per anni, la storica stazione di Tai di Cadore è stata trasformata in un hotel e ristorante, riportata ad essere di nuovo (come in origine) un punto di riferimento per tutti i viaggiatori.

La ristrutturazione, racconta Federico, non è stata facile: si è trattato di un intervento particolarmente importante, compiuto in un periodo che tutti ben ricordiamo molto complesso. In più, l’immobile essendo tutelato ai beni monumentali, necessitava di importanti permessi da discutere e ottenere a Venezia prima di qualsiasi intervento. Ad ogni modo, l’identità della struttura si è voluta mantenere, a partire dalla disposizione interna che ricorda le vecchie suddivisioni dell’immobile.

Al piano terra infatti, era posizionata la biglietteria, ora diventata bar e ristorante, mentre con le scale superiori si accedeva all’alloggio casellante, oggi ripartito in tre stanze dotate dei più moderni servizi per i suoi ospiti. La scelta per i viaggiatori è ardua: una delle sistemazioni dispone di una sauna privata nel bagno, la seconda del bagno turco, mentre la terza è una mansarda che gode della vista più privilegiata della struttura. A prescindere dalla scelta, il legno gioca agli occhi da protagonista in chiave elegante e moderna, il panorama è da cartolina e il traffico è lontano. Una vera oasi di pace.

Ciò che è rimasto pressoché immutato e nella sua bellezza originaria, è stato l’esterno: intonaci e serramenti rievocano la peculiarità del fabbricato originario, tutto concepito nell’ottica del risparmio energetico. Il tetto, invece, è stato realizzato in lamiera, mantenendo la forma dell’eternit originale. Tra i nuovi spazi e nuovi servizi per restituire alla vecchia stazione di Tai Di Cadore il suo nome, come anticipato, c’è anche il ristorante comunicante con la terrazza esterna, grazie al quale ridiventa in tutto e per tutto un punto di riferimento per viaggiatori, turisti e cittadini.

Questo a dimostrazione che una ristrutturazione non solo consente di poter frequentare locali rinnovati e nuovamente funzionali, ma è in grado di restituire dignità al ricordo di un luogo che è stato testimone e protagonista di valore di vicende patrimonio della nostra Storia. Ora le persone possono finalmente celebrarla in questo luogo non solo passandoci, ma anche sostandoci, obliterando un bel “biglietto da visita’.

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