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The Modernist Hotel a Trieste: a tavola tra modernità e condivisione

Trieste viene spesso definita “terra di confine”, un luogo dove per secoli si sono incontrate culture e popolazioni diverse, costituendo fin dai tempi degli antichi romani un importante porto strategico e di congiunzione. Tutt’ora le strade e palazzi conservano il fascino secolare di un città multietnica e multiculturale, lo stesso che ha saputo incantare molti scrittori, come Umberto Saba e James Joyce, il quale affermava di aver lasciato in città la propria anima. Qui sono anche nati e cresciuti autori del calibro di Italo Svevo, che sembrano ancora vivere e passeggiare accanto a noi tra le vie della città. E per alcuni di loro dico proprio letteralmente: disseminate in vari quartieri di Trieste, statue commemorative di bronzo ci ricordano che nessuna città ha avuto una concentrazione simile di talenti letterari, per cui Trieste viene proclamata un focolare di creatività.

E proprio per questo respiro internazionale e creativo, Trieste è stata scelta come città dove forgiare un nuovo incontro di arte e cultura, in seguito alla trovata affinità intellettiva del Dott. Guido Guidi, presidente di The Begin Hotels, e il food designer Leonardo Concezzi. Questa volta l’appuntamento non è all’aperto, tra le vie della città, ma in uno dei posti prediletti dagli italiani, dove amano scambiare pareri ed esperienze. Ci troviamo infatti in un ristorante, The Modernist Bistrò, il nuovo arrivato del The Modernist Hotel: un luogo pensato su misura per la città, posizionato in  Corso Italia, una delle vie principali del centro di Trieste, l’arteria che collega il lungomare alla parte alta del capoluogo del Friuli Venezia Giulia.

Il “The Modernist Hotel” a Trieste e il suo ristorante “The Modernist Bistrò”

Qui Leonardo Concedi, dopo una acclamata esperienza al Four Season, al Jumeirah e al Mandarin, e dopo aver aperto alcuni dei ristoranti di Gordon Ramsey e aver organizzato cene di gala per le riviste di moda di Condé Nast, ha voluto ambientare la prima italiana di un nuovo concept restaurant, portando in tavola i suoi lunghi viaggi e le esperienze collezionate a Dubai, Bodrum e New York.

La struttura scelta come casa, frutto di un’attenta ristrutturazione di un palazzo storico trasformato in un hotel con cinquantasei camere dall’animo irriverente, si è evoluta ulteriormente in un microcosmo aperto da mattina a sera, dove prevale la convivialità e la voglia di stare insieme. Anche – e soprattutto – a tavola. Il Bistrò prende infatti spunto dall’anima cosmopolita dell’Hotel e ne fa suo il concept, declinandolo in accoglienza, condivisione e contaminazione internazionale.

Una cucina sempre aperta che offre diverse proposte, dalla colazione al dopocena. Diventa un vero e proprio punto di riferimento per chi ama viaggiare e scoprire il mondo. Il Ristorante, anch’esso ospite delle mura del The Modernist Hotel, non confina né la mente né il corpo, grazie all’ampia vetrata che si affaccia su una delle vie più animate di Trieste, il che lo rende perfetto sia per un incontro di lavoro che per una serata con gli amici, impreziosita dalla presenza di DJ residenti o di Guest dj.

The Modernist Bistrò: un nuovo modo per viaggiare ed esplorare… il gusto

Le proposte wellness e internazionali della carta food & drinks colorano la scena a blocchi, proprio come la struttura, studiata per presentarsi anche visivamente in maniera vibrante e cosmopolita. Questo perché il The Modernist Hotel tiene molto conto delle esigenze delle persone che gravitano intorno al palazzo, una zona sempre in grande espansione. In particolare a quelle di chi frequenta la John Reed, una palestra che fin da subito ha mostrato il suo interesse nella causa, e che ha voluto sposarla suggerendo scelte wellness e healthy per il menu.

La proposta di piatti e bevande sono comunicate in maniera perfettamente comprensibile, con un occhio di riguardo per tutte le esigenze alimentari, supportato da personale attento, preparato e appassionato. Grazie a innovativi e finger food – segnalo assolutamente il platano croccante, che gustosissimo soppianta le solite patatine, accompagnato da guacamole e hummus di rapa rossa – anche il solo aperitivo diventa un indimenticabile ristoro, da godersi seduti su l’ampio bancone del bar o in intimità al tavolo.

Procedendo poi con il pranzo o la cena, a far da guida arriva il menù contemporaneo del ristorante, il quale presenta una selezione di pietanze provenienti da tutto il mondo, realizzate seguendo la ricetta tradizionale, per poi essere servite in chiave moderna.

Qui avviene la vera contaminazione: si può assaggiare il Ceviche peruviano di Branzino, Cachapas venezuelane, Manzo Tiraditos, Gamberi croccanti, Thai Curry Verde alle verdure, Salmone Teriyaki Frullati iperproteici, Pain Perdu. Un incremento di proposte etniche asiatiche e peruviane, che non sono più una novità o una moda, ma che diffondono un nuovo modo di mangiare ed esplorare il gusto. Cultura e gusto si fondono insieme, dove proposte speziate e piccanti orientali fanno da contraltare ai sapori decisi latino americani, alternandosi ad ogni boccone. Ogni piatto è ricercato e ha una storia a sé da raccontare, che viene spesso da molto lontano e viene espresso a più voci.

The Modernist Bistrò e il “food sharing”

 la cosa più interessante è che tutto nel ristorante è studiato appositamente per stimolare il “food sharing”, una pratica che prevede la condivisione dei piatti, segno di un ritorno alla normalità e ad una ritrovata socialità. Per molti ristoratori può sembrare una stranezza anche solo pensare di proporre piatti condivisi tra più ospiti, eppure questo nuovo format piace davvero molto.Le portate condivise e il costo contenuto delle stesse permettono infatti di assaggiare molti più piatti rispetto ad un pasto tradizionale, garantendo non solo con la pancia piena, ma anche con le papille gustative e la curiosità appagate. Un grande aiuto anche per gli eterni indecisi davanti al menù!

Ho trovato che questa esperienza culinaria suscita gli stessi tipi di sentimenti di comfort, condivisione e divertimento che associo alle cene di amici e famiglia a casa. Ma il fatto che qui si possa accedere ad ogni sorta di meraviglia alimentare proveniente da tutto il mondo, ne intensifica anche il fascino e il valore.

Il susseguirsi dei piatti, che vengono serviti gradualmente appena pronti, si trasforma in uno storytelling a cui tutti a tavola partecipano: tutti possono prendere parte delle portate, spesso già suddivise, interpretando a proprio modo le emozioni suscitate dal loro sapore.

Un nuovo orientamento quindi all’aspetto umano: andare al ristorante non è più solo cenare, ma diventa un irrinunciabile momento di scoperta enogastronomica e di esperienza personale da condividere con gli altri.

Per vivere fino in fondo l’anima di questo posto, vi consiglio di provare con gli amici lo “sharing table”: un tavolo rotante che stravolge l’impostazione classica della mise en place, permettendo di accedere e assaggiare i diversi piatti senza doversi spostare, ma semplicemente facendo ruotare una struttura in legno circolare posta al centro del tavolo. Anche le origini di questo tavolo sono contaminate: questa tipologia di tavolini risulta essere a tutti gli effetti un’invenzione occidentale, sebbene siano da sempre molto più comuni nei ristoranti orientali, per la natura della loro cucina che abbraccia molto di più la condivisione dei piatti a tavola. Quest’ultima viene imbandita di pietanze e apparecchiata con servizi ricercati nei modelli e colori, scelti appositamente per lo sharing e per creare coreografia. In questo modo si coinvolge anche un altro processo sensoriale strettamente legato al gusto: con un colpo d’occhio viene stimolato il movimento sulla tavola.

L’impostazione classica in questo nuovo approccio al cibo viene stravolta, mentre la condivisione risulta stimolata, e non solo dei piatti, ma anche di pareri. Il confronto sui sapori che in maniera naturale si instaura, a mio avviso, riesce anche ad amplificarne la percezione. Per una volta, citando e convertendo un nostro preconcetto latino, possiamo dire che “De gustibus disputandum est”: sui gusti si inizia infatti a discutere, ascoltando e rispettando però la sensibilità di ognuno per riviverli ad ogni boccone in maniera totalmente nuova. Ci si concentra meglio sulle sensazioni, su singoli sapori percepiti di portate che si susseguono appena pronte, senza imporsi con un ordine sul tempo.

Sedersi a tavola al The Modernist Bistrò diviene quindi un vero e proprio viaggio dall’impronta internazionale e cosmopolita, in cui diviene possibile fare il giro del mondo, rimanendo seduti.

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